Yelena Belova, addestrata nel brutale programma della Stanza Rossa per diventare una Vedova, vive ormai in uno stato di profonda apatia. Continua a svolgere i lavori per cui è stata preparata - operazioni clandestine per conto di Valentina Allegra de Fontaine - ma senza vera convinzione. Dopo una visita al suo padre putativo, Alexei Shostakov (alias Red Guardian), decide di portare a termine un'ultima missione prima di dedicarsi a un incarico più tranquillo. Tuttavia, in questa operazione finisce in trappola, insieme ad altri agenti: Ghost, Taskmaster e John Walker. Mentre si scontrano tra loro, i quattro si rendono conto di non essere soli. Nel complesso in cui sono stati inviati si trova anche Bob, un uomo affetto da amnesia che sembra incapace di ricordare il motivo per cui è lì o come uscirne. A prima vista non appare come un pericoloso agente, ma quando tocca gli altri, questi rivivono le visioni dei momenti più traumatici delle loro vite.
Thunderbolts* non è forse solo il primo film con un asterisco a fine titolo, ma anche una scommessa audace: un film sui supereroi minori che affronta il mal di vivere.
Alla mancanza di uno scopo nella vita, all'incapacità di costruire
relazioni importanti, alla difficoltà di superare i propri traumi, è
dedicato questo blockbuster decisamente insolito, che guarda in parte ai
film degli Avengers ma soprattutto a Essere John Malkovich. I protagonisti di Thunderbolts*
sono del resto un gruppo di supermercenari che non hanno però grandi
poteri, mentre la minaccia che devono affrontare è "più potente di tutti
gli Avengers". Non è con le pistole o i cazzotti che possono uscirne,
quindi il film fa qualcosa che non è affatto insolito nei fumetti e che
torna dalle parti di Wandavision e Doctor Strange nel multiverso della follia, ossia una sorta di seduta di psicoterapia. Se nel caso del film di Sam Raimi si passava però comunque per degli scontri a colpi di incantesimi e altro, in Thunderbolts* Jake Schreier mette i suoi antieroi di fronte a quello che Yelena chiama "un sistema interconnesso di stanze della vergogna".
Questo permette a Schreier di fare quello che sa fare meglio: giocare
sulle allucinazioni e gli effetti speciali analogici, mettendo i
personaggi di fronte ad ambienti surreali dalle prospettive impossibili,
dove tutto è legato a dolorosi ricordi - che possono però diventare
anche situazioni assurde e comiche. Per esempio il gruppo se la dovrà
vedere con un momento imbarazzante della vita del loro antagonista, in
cui si vestiva da pollo e agitava un cartello pubblicitario per lavoro -
mentre era strafatto.
Naturalmente il gusto per la commedia
bizzarra in stile A24, già annunciato in uno dei trailer del film, non
arriva al punto da snaturare la rodatissima formula dei Marvel Movies,
dove il tema della famiglia di personaggi traumatizzati che si riunisce
per aiutarsi l'un l'altro non è certo nuovo e ha fatto in passato la
fortuna dei Guardiani della Galassia. Thunderbolts*
ne è in un certo senso l'erede, ma più terra a terra perché i
protagonisti hanno i piedi ben piantati sul nostro pianeta e non hanno
dalla loro troppe tecnologie fantascientifiche.
Il limite principale del film è però proprio di non rompere la formula
Marvel che, arrivati al 36esimo, non può non risultare risaputa. D'altra
parte è la stessa della gran parte dei blockbuster americani, che
finiscono quasi sempre per raccontare di famiglie, biologiche o
elettive. In questo caso il dolore della protagonista - un'ottima
Florence Pugh - che cerca di superare la propria apatia è reso però in
modo più tangibile del solito, messo al centro del racconto e
visualizzato in scene che entrano letteralmente nella sua psiche. È lei
il cuore di Thunderbolts*, insieme a Bob, che non le è da meno quanto a sofferenza e traumi da superare.
Negli altri titoli del filone questo tema era spesso accennato, o visualizzato con flashback come quelli del terzo capitolo dei Guardiani della Galassia su Rocket Raccoon, ma il tono era più allegro e i colori più vivaci. Non che in Thunderbolts* manchino le battute o l'azione (tra l'altro molto più elegante di quella del confuso Captain America: Brave New World),
ma il tono è più malinconico e i personaggi più reali: anche quando
sono clowneschi dal loro umorismo traspaiono disincanto e non poca
disperazione.
Finalmente, dopo le fantasie multiuniversali degli ultimi film Marvel, Thunderbolts*
riporta la narrazione su un piano più umano. Naturalmente queste
fantasie torneranno, più grandi che mai, nei prossimi film degli
Avengers e anche questo capitolo Marvel è un tassello del mosaico, che
non manca di scene nei titoli di coda per il lancio dei prossimi film.
Questa volta, insolitamente, la scena più importante non è a metà titoli
ma alla fine di tutti i credits: non lasciate la sala! (by MyMovies.it)
Se non sei un fan accanito degli Avengers, questo è il film che fa per te e se lo sei... fatti una risata, che gli ultimi film sugli Avengers sono davvero troppo PESI!!! Perchè questi 'eroi della casca' non sono veri Avengers, ma nell'attesa che ritornino, proviamo a trovare un sostituto e loro, per me, sono perfetti!!!😀
La parlata 'russa' di Yelena e di suo padre Alexei li rendono adorabilmente divertenti, ma tutto il film è un avvicendarsi di momenti comici e di scene d'azione indimenticabili. La comparsa del Cavaliere d'Inverno in sella alla sua moto è una di queste, per non parlare del loro girovagare per le varie stanze 'buie' di Bob... ma ci sono tante altre scene che vorrei rivedere! Ma una domanda mi sorge spontanea... c'è proprio bisogno degli Avengers veri? possiamo adottare questi 'New Avengers'??? Dai Captain America, fai a modo, adotta questi New Avengers, hanno del potenziale...
Voto: 9 per non dire 10 😉
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